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Pablo Picasso, Il flauto di Pan (1923), Museo Picasso, Parigi, Francia |
Com'è noto, Pablo Picasso (1881–1973), viaggiando per l'Italia, a partire dal mese di febbraio del 1917, tra Milano, Firenze, Napoli e Pompei, ebbe modo di scoprire e confrontarsi con un nuovo modo di creare e, di ammirare e studiare dal vivo i capolavori dell'antichità.
Soprattutto a Roma, Picasso ebbe una sorta, diciamo così, di rinascita, pervenendogli stimoli tanto dai futuristi e dai pittori della secessione, che dall'arte rinascimentale classica.
A Napoli, si accostò all'arte pompeiana e il suo lavoro risentì dell'influenza della tradizione iconografica della maschera di pulcinella. Echi di queste influenze, si riscontrano specialmente nelle immagini sintetiche, nei volumi monumentali dei soggetti, nell'equilibrio delle composizioni dei dipinti degli anni venti.
Furono esperienze che lo segnarono al punto da determinare in lui quella svolta classicista inizialmente accolta con sospetto dalla critica. Sono noti i pesanti giudizi rivolti alla rinnovata arte di Picasso, dal collezionista e mercante d'arte tedesco Wilhelm Uhde. La critica del tempo, infatti, ravvisava nel classicismo figurativo dell'artista uno scadimento del pensiero immaginifico che lo faceva rientrare nel processo reazionario in atto nella società, nell'immediato dopoguerra, definito con enfasi “ritorno all'ordine”. Questa opinione, però, è largamente smentita dal fatto che Picasso si era dedicato a figurazioni neoclassiche già prima che la sua ricerca estetica pervenisse a stravolgere le regole pittoriche con il cubismo; tuttavia, è innegabile il cambiamento repentino, significativo quanto inaspettato del suo percorso artistico, che si manifesta ora arricchito e sublimato da figurazioni classiciste.
Questo nuovo percorso, fu una ricerca artistica caratterizzata principalmente dall'interazione fra codici che perviene, appunto, dal cubismo al classicismo passando da soluzioni astratte funzionali a composizioni dall'aspetto monumentale.
Sembra che a chi, come il direttore d'orchestra svizzero Ernest Ansermet, gli chiedeva perché dipingesse utilizzando contemporaneamente due stili opposti e contrapposti, come quello cubista e quello neoclassico, egli rispondeva che i risultati ottenuti si equivalevano.
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